L’ISMEA ha pubblicato in data odierna un rapporto sull’andamento della domanda e dell’offerta di prodotti alimentari nel secondo mese di emergenza Covid-19.
E’ stata monitorata la filiera agroalimentare, dalla fase di produzione iniziale sino a quella delle vendite al dettaglio, misurando gli effetti imposti dal blocco totale del canale horeca e dall’azzeramento dei flussi turistici sul mercato interno, sino alla contrazione dell’export.
Nella parte produttiva della filiera, pure nella necessità di affrontare numerose criticità, il settore appare al momento ancora una buona capacità di tenuta e in grado di garantire l’approvvigionamento dei mercati finali, al netto di eccezioni rappresentate dal florovivaismo e dalla pesca. Pesano tuttavia, specie per il comparto ortofrutticolo, le difficoltà di reperire manodopera straniera per le operazioni di raccolta, mentre per il lattiero caseario e le carni (bovine e ovine in particolare) quelle derivanti dalla chiusura del canale Horeca. Oltre all’azzeramento di questo importante sbocco, il vino si trova a fronteggiare anche il crollo della domanda nei tradizionali Paesi clienti, con riflessi importanti anche sulla gestione delle scorte in vista della prossima vendemmia.
Sotto il peso di quest’emergenza, l’ISMEA rileva un marcato deterioramento della fiducia degli operatori del comparto agroalimentare, effetto della profonda preoccupazione sia rispetto alla situazione corrente sia rispetto alle prospettive future. Alla contrazione significativa dell’indice di clima di fiducia dell’agricoltura si affianca un vero e proprio crollo per l’industria alimentare. Per effetto dei giudizi negativi sul livello degli ordini, l’accumulo di scorte e le attese di produzione, l’indice di fiducia scende a -26,4 punti, ben 43 in meno rispetto al primo trimestre del 2019 e 27 al di sotto del livello del quarto trimestre 2019.
L’unico dato con un marcato segno positivo in questo periodo critico è quello della spesa delle famiglie per prodotti alimentari che ha continuato a crescere anche nel secondo mese dall’esordio del Covid-19. Le vendite al dettaglio di prodotti alimentari confezionati hanno, infatti, avuto un incremento ancora a doppia cifra rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (+18%) e, nel complesso, sono cresciute anche rispetto al primo mese di emergenza di un ulteriore 3%.
Le principali tendenze che si rilevano in questo secondo mese di lockdown sono:
- Il notevole incremento delle consegne a domicilio (+160%) con un limite di crescita che è stato imposto non dalla effettiva domanda, ben più alta, ma dalla capacità di soddisfarla;
- La riscossa degli esercizi commerciali di prossimità che hanno organizzato in fretta anche loro la “consegna a domicilio”;
- Un sostanziale cambio delle preferenze d’acquisto da parte dei consumatori che hanno virato dai prodotti stoccabili all’ingredientistica (uova, farina, olio, mozzarella, ecc.);
- Una qualche saturazione delle dispense e la possibile crisi di liquidità di alcune famiglie, soprattutto al Mezzogiorno.
Per quanto riguarda più in particolare il settore delle carni, il rapporto evidenzia:
- Nella filiera delle carni bovine, la chiusura del canale Horeca ha azzerato uno sbocco importantissimo per alcune referenze (tagli di maggior pregio e altri destinati alla produzione di hamburger) e ciò ha comportato una profonda riorganizzazione dei propri circuiti distributivi e ripercussioni sui listini sia degli animali vivi che delle carni.
- La filiera suinicola registra fenomeni contrastanti: da un lato, è cresciuta la richiesta presso la GDO sia di prodotto preconfezionato sia di tagli del fresco; dall’altro, la chiusura dell’Horeca e la minore operatività degli impianti di macellazione e di lavorazione spinge al ribasso i prezzi all’origine soprattutto dei suini pesanti del circuito delle produzioni tipiche.
- Nel settore della carne ovina, l’arretramento delle vendite nel periodo pasquale (-15% per gli agnelli) ha impattato duramente sulle aziende del settore, per le quali l’andamento delle vendite del periodo è determinante per il risultato dell’intera annata. Mentre per il latte ovino al momento non sembrano esserci problemi rilevanti nonostante una produzione in rilevante crescita del Pecorino Romano.
- La domanda di carni avicole, dopo le prime settimane di crisi nelle quali si è registrato un deciso incremento, in aprile ha fatto segnare un sensibile ridimensionamento, fino a tornare gradualmente nella norma, con il conseguente riallineamento anche delle quotazioni all’origine.