Il dibattito sull’uso delle denominazioni di carne per le imitazioni vegetali è molto più complesso di quanto sembri a prima vista. Se il Parlamento europeo decidesse di lasciare aperto uno spiraglio sulle denominazioni alimentari per proteggere i termini “salsiccia vegana” o “hamburger vegano”, aprirebbe un vaso di Pandora che a lungo termine avrà conseguenze negative sia sui consumatori che sugli agricoltori.
Oggi, un gruppo di organizzazioni europee, che rappresentano il settore zootecnico Copa-Cogeca, Clitravi, EFFAB, AVEC, IBC, UECBV, ha lanciato la campagna “ceci n’est pas un steak” e un appello alla mobilitazione per l’intero settore dopo che al Parlamento europeo si è arrivati ad uno stallo sulle disposizioni del regolamento OCM relative alle denominazioni della carne – è quanto si legge da un Comunicato Stampa della UNICEB, che aderisce ad UECBV (Unione Europea del Commercio del Bestiame e delle Carni), come unica associazione italiana riconosciuta.
La campagna di comunicazione “ceci n’est pas un steak” solleva interrogativi fondamentali sulle informazioni fornite ai consumatori, sul nostro patrimonio culturale e sul potere del marketing moderno, che mescola valori e grandi interessi commerciali senza farsi troppi problemi. Nel manifesto della campagna, le organizzazioni europee sottolineano il fatto che per quanto riguarda i prodotti vegani, si tende a dimenticare che gli agricoltori europei hanno interesse a produrre proteine sia vegetali che animali e non sono contrari alla produzione di proteine vegetali per prodotti vegani. Tuttavia, le imitazioni vegetali che tendono a copiare le denominazioni e le caratteristiche della carne dovrebbero sviluppare un nuovo approccio.
Alcuni eurodeputati infatti, hanno riaperto il dibattito, già tenutosi l’anno scorso, affinché denominazioni come “hamburger vegano” e “salsiccia vegana” vengano riconosciute giuridicamente.
Per il mondo zootecnico è inaccettabile che la responsabilità venga scaricata alla Commissione in questo modo e che la posizione attuale sia in contrasto con la proposta approvata l’anno scorso!
Il gruppo invita i membri del Parlamento europeo a considerare attentamente l’impatto e le conseguenze della generalizzazione di tali termini che permettono una commercializzazione ingannevole e sleale.
Le denominazioni dei prodotti a base di carne sono profondamente radicate nel nostro patrimonio culturale. Pancetta, prosciutto, carpaccio, bistecca, filetto, costolette e salame sono tutte denominazioni tradizionali che nel tempo sono state plasmate dal duro lavoro di allevatori e macellai, con grandi differenze tra le regioni, rendendole così uniche. Oggi non è necessario spiegare cosa siano questi prodotti o cosa ci si possa aspettare al momento dell’acquisto. Questo è anche il motivo per cui queste denominazioni non hanno mai avuto bisogno di essere protette fino ad ora. Se proteggiamo il nostro patrimonio locale e regionale con indicazioni geografiche protette e denominazioni di origine protetta, dovremmo essere coerenti e proteggere le denominazioni di prodotti più comuni che sono altresì il risultato del nostro patrimonio culturale. Con il boom della commercializzazione di prodotti sostitutivi della carne, questo patrimonio comune è in gioco. L’industria delle imitazioni ha approfittato di una falla europea per dirottare queste potenti denominazioni comuni a suo favore.
La UNICEB – conclude il comunicato –, che da anni denuncia l’uso improprio di denominazioni di vendita di prodotti vegani e/o vegetariani con chiari riferimenti a prodotti a base di carne, sostiene appieno l’iniziativa e continuerà a lavorare per tutelare il comparto da chi lo attacca da un lato, ma lo sfrutta dall’altro. Troppo facile fare marketing così!
Campagna “ceci n’est pas un steak”
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Appello alla mobilitazione
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Videoclip della campagna
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